La contingenza della recente situazione causata dalla pandemia da Covid-19 si è presentata, sin dal principio, come una nuova sfida per la gestione delle risorse umane, aprendo scenari inediti sul mercato del mondo del lavoro e imponendo nuove riflessioni sulla formazione e qualificazione del capitale umano.
L’impatto del Covid-19 sul mondo del lavoro ha causato delle necessarie trasformazioni nelle modalità di investimento delle risorse umane nonché nella ridefinizione dei tempi e degli spazi di lavoro creando, al contempo, nuove richieste sociali e professionali e nuove esigenze formative.
L’isolamento, le modalità di gestione del lavoro da casa e la digitalizzazione forzata di alcuni processi hanno cambiato il modo di concepire la formazione, slegandola dal concetto di semplice strumento per i neo-assunti o funzionale al salto di carriera, e aprendo la strada a un nuovo percorso di valorizzazione del patrimonio di competenze professionali e personali dei lavoratori. Alcuni di questi processi sono partiti prima dello scoppio della pandemia ma hanno tardato a prendere piede in maniera sistemica. E’ stata proprio la pandemia da Covid-19 ad enfatizzatizzarli contribuendo a dare dinamicità e a rendere più instabile e mutevole, un mondo del lavoro già abbastanza frenetico.
All’interno di questo volubile mercato del lavolo molti giovani (e anche meno giovani) si sono resi conto che un titolo accademico non era più sufficiente per trovare un posto di lavoro soddisfacente e che quanto appreso all’università andava necessariamente integrato con nuove competenze, più pratiche, più avanzate e più aggiornate. Stesse considerazioni valgono per coloro che hanno già un posto di lavoro ma mirano ad ottenere un incarico di maggiore responsabilità, con conseguente aumento salariale, oppure ambiscono a cambiare radicalmente settore in cerca di nuove prospettive. Da un’altra prospettiva, gli stessi problemi si presentano anche all’impresa che cerca nuovi metodi per potersi adattare in modo ottimale alle evoluzioni degli ultimi anni che interessano, nello specifico, il suo settore di attività e che si trovi davanti al dilemma di assumere nuovo personale oppure potenziare e riqualificare quello già assunto.
Reskilling e Upskilling: gli strumenti per far fronte al cambiamento
Ogni soggetto che si trovi in una delle succitate situazioni è chiamato, quindi, a riallineare i suoi obiettivi con le recenti trasformazioni sociali, tecnologiche e normative del mercato del lavoro post-pandemico. Stare al passo con queste dinamiche è fondamentale per aziende e individui ed è conseguibile solo attraverso una buona programmazione delle strategie di formazione e di aggiornamento continuo non solo delle competenze tecnico-professionali in senso stretto ma anche di quelle emotive, sociali, trasversali e relazionali. Per esempio, lo scenario totalmente inedito della pandemia ha sicuramente premiato i lavoratori più flessibili e con maggiori capacità di adattamento alle nuove situazioni anche a scapito di coloro che, anche se più competenti dal punto di vista tecnico-professionale, sono rimasti ancorati a una concezione pre-pandemica del lavoro, diventata rapidamente obsoleta.
A questo proposito, è importante introdurre quelli che sono due concetti chiave della strategia formativa post-pandemica: l’upskilling e il reskilling. Non bisogna farsi ingannare dalla somiglianza dei due termini e dal loro frequente utilizzo improprio come sinonimi, sono due concetti diversi che richiamano, rispettivamente, lo sviluppo di competenze aggiuntive, più avanzate e qualificate rispetto a quanto si è in grado di fare nella posizione che attualmente si ricopre e lo sviluppo di competenze significativamente differenti a quelle che già si possiedono in un’ottica di cambiamento del ruolo e delle funzioni del proprio lavoro.
Nel primo caso si tratta di affinare e aggiornare il proprio patrimonio di conoscenze per svolgere l’attività lavorativa in modo efficiente ed efficace, andando a colmare le proprie lacune, anche in ottica di un avanzamento di carriera nel proprio settore di riferimento. Nel secondo caso, invece, si tratta di una vera e propria riqualificazione del lavoratore che cambia le sue prospettive professionali orientandole verso un nuovo settore, emergente o maggiormente richiesto nell’ambito del nuovo paradigma post-pandemico.
Reskilling e Upskilling: i passaggi fondamentali del processo
Il punto di partenza del percorso di avanzamento formativo è costituito da un’analisi critica della propria situazione che metta in luce le competenze mancanti o le eventuali propensioni a un radicale cambiamento del proprio ruolo e delle proprie funzioni. Non deve essere una scelta imposta dall’alto in quanto gli individui devono riconoscersi competenti nel lavoro che svolgono e contemporaneamente invogliati ad apprendere in modo libero e autodiretto in un’ottica di approfondimento (up-skilling) o di riqualificazione (re-skilling), aumentando la propria flessibilità e capacità di reazione davanti a momenti di radicale cambiamento, come è stato quello della pandemia.
Identificare quali competenze è necessario acquisire e quali devono essere rafforzate non è facile e si corre il pericolo di avvalersi di soluzioni preconfezionate che non tengono conto delle esigenze del singolo o che non sono costantemente riadattate alla mutabilità dell’individuo, dell’azienda e alla complessità dei processi attuali. Si tratta di un delicato lavoro di contestazione del proprio portfolio di conoscenze al fine di raggiungere ambiziosi obiettivi, di essere più efficienti e versatili nonché di crescere il più rapidamente possibile all’interno del proprio ambito di attività o all’interno di un nuovo settore di riferimento.
Come specificato poc’anzi, il percorso non dovrà solamente includere l’apprendimento ex novo o la riconversione delle proprie competenze tecniche ma bisognerà lasciare ampio spazio all’acquisizione di abilità trasversali e relazionali in un’ottica di rafforzamento della propria rete interpersonale e dello sviluppo di resilienza davanti a situazioni ignote e complesse. Per questo motivo, è importante rivolgersi a professionisti che comprendono la multiformità del processo nelle sue diverse fasi e lo sappiano condurre senza reprimere lo spazio riservato al singolo, mettendo la persona al centro del proprio percorso professionale e facendo leva su ciò che può essere appreso da zero o potenziato nel pieno sviluppo del potenziale di ognuno. Si tratta, quindi, di affiancare la persone e lavorare a stretto contatto con loro, anche all’interno dell’azienda, per identificare le esigenze, i problemi e i gap di competenze, in modo tale da trovare il giusto equilibrio tra le necessità delle aziende, del mercato e le aspirazioni dei singoli.
In conclusione, il mercato del lavoro post-pandemico è ancora in continua evoluzione e non possiamo prevedere quali novità tecnologiche, trasformazioni digitali e approcci interpersonali sempre più complessi ci aspetteranno nei prossimi anni. Davanti a questa incognita, l’approccio vincente è quello dell’impresa o del singolo che sanno proiettarsi nel futuro, di coloro che sanno cogliere le nuove sfide e non si mostrano restii al cambiamento. Per poter adottare questo approccio e mantenere il passo servono gli strumenti, la preparazione e la formazione giusta. In questo contesto così dinamico, reskilling e upskilling si presentano come due strumenti fondamentali e saperli usare e promuovere è la chiave per garantire sviluppo, crescita professionale all’interno dell’azienda e una costante impiegabilità del singolo individuo.